E’ più di una settimana che nevica, in città e sull’appennino.
Il Casetto è totalmente isolato, la strada per arrivare alla casa è una unica distesa bianca, nessun mezzo riesce a salirci… eppure dobbiamo trovare il modo di andare a chiudere la caldaia. Il bombolone del gas è quasi vuoto, non si sa quando potranno arrivare i rifornimenti quindi è essenziale salvare gli ultimi litri per avere un po’ di acqua calda e soprattutto per poter accendere i fornelli in cucina. Per il riscaldarci c’è comunque la stufa a legna. Poi appena le temperature cresceranno e si potrà ripercorrere normalmente la salita, sistemeremo tutto.
Sono accorsi ancora una volta gli amici cari, Daniele, come al solito presente e disponibile e Lisa: su loro posso sempre contare, sono parte integrante della mia vita ed in momenti come questi non devo nemmeno chiederlo il loro aiuto: ci sono e lo so!
Hanno il Casetto nel cuore, è casa nostra, il nostro posto.
Arriviamo con l’auto da Mario, preziosissimo amico e vicino di casa, sentinella nell’inverno a guardia della collina: i suoi occhi chiari conoscono questi luoghi, questa terra, come le sue tasche, conoscono il vento che soffia, la neve che cade, la primavera che presto riscalderà le nostre anime.
Parcheggiamo nella sua aia e col suo incoraggiamento ci incamminiamo.
Lisa indossa le ciaspole, Daniele ha preso in prestito una pala da usare al bisogno, io arranco dietro di loro.
Ho ancora molta tosse e fatico a respirare, la salita per me è difficoltosissima, ma li seguo, e pur tra una caduta e l’altra, devo stargli dietro.
La neve ci arriva oltre il ginocchio, tutto è avvolto nella nebbia, o sono nuvole?
Fiocchi pesanti ricominciano a scendere, lenti, avvolgenti… la strada in certi punti sembra un torrente sepolto, sotto senti l’acqua che scorre, sopra è una crosta di ghiaccio.
L’aria è pungente, l’atmosfera è pura magia… è tutto così bello, incantato, silenzioso.
Aprire il cancello è un’impresa, la neve lo blocca, Daniele scavalca la rete e va a spalare dall’altro lato, mentre io e Lisa spingiamo… e alla fine entriamo…
Quando apriamo la porta di casa La Miciuzza esce di corsa e scappa nella neve!
Come sono contenta, era in casa al coperto!
Aveva fatto man bassa di croccantini e di tutto quello che era riuscita a trovare, in pratica si era servita da sola, non avendo visto nessuno in giro per casa… per fortuna c’era ancora un sacchetto intero di pappa e glielo ho subito messo a disposizione.
Poi ci siamo fatti un bel tè cado, abbiamo acceso la stufa, ho spento la caldaia, ci siam bevuti un po’ di sambuca…
Il pomeriggio è trascorso.
L’abbraccio forte di Lisa, davanti alla stufa mi ha scaldato più della fiamma, momenti difficili questi e solo l’affetto può dare forza.
Fuori la neve cadeva lenta a ricoprire le nostre impronte, a cancellare la fatica, a rinnovare il candido mantello.
Sarebbe stato bello poter restare, ci penso spesso a come sarebbe, vivere qui tutti insieme, ognuno con la sua vita, le sue cose, il suo lavoro, ma sapendo di potersi ritrovare a fine giornata davanti al fuoco, al tramonto, con una bottiglia di vino a parlare di sogni comuni, lo faremo? lo faremo… bisogna saper costruire piano piano, bisogna saperci credere…
ma intanto, prima che calasse la sera, la strada ci ha richiamati verso la macchina che doveva riportarci in città…
E per questa notte ancora la collina si sarà addormentata sola, con la sua coperta bianca, in un sonno dolce, triste ma pieno di speranza…