E’ di nuovo autunno. E quest’anno, per il momento, si fa riconoscere bene: fuori dalla mia finestra ci sono nuvole basse che nascondono il bosco, la temperatura è fresca e piove. Ogni tanto accendo già la stufa per togliere l’umidità dai sassi dei muri e per farmi compagnia. La mia anima è serena, ho deciso che anche per questo inverno resterò qui. Sarà il quarto consecutivo, ormai la mia casa è questa… la città è lontana e non la sento più mia. Quello che ho davanti è soprattutto tempo, un lusso incredibile che ancora non ho capito se posso permettermi. Ma tant’è, si fa con quel che si ha e al momento non ho molto altro. L’ansia che qualcuno me lo porti via o me lo renda difficile mi stringe forte e poi penso che quello che dovevo e potevo fare l’ho fatto. Non devo provvedere che a me sola e dunque posso scegliere con relativa tranquillità di abbandonarmi a quello che resta.
E allora mi godo la stagione.

Stagione di transito, ma bellissima, forse la mia preferita.
Lavoro nei campi ce n’è ancora, la lavanda va potata e ripulita prima di poterla lasciar andare ai freddi e ai giorni sempre più brevi. L’orto invernale è quasi completamente sistemato, aggiungerò ancora qualche cavolo, broccoli e cime di rapa.

Ne ho già messe giù e stanno crescendo, ma non sono mai abbastanza con la pigrizia che mi trattiene a volte anche solo dall’andare in paese a fare la spesa. Saranno la base delle mie zuppe quando non avrò nemmeno voglia di aprire il cancello.
Ho un calendario di attività che mi terranno occupata, non so se poi lo rispetterò perché il bello dello stare in campagna è che basta una pioggia o una giornata di sole a cambiare i tuoi piani.
Può in un attimo passarti la voglia di eseguire i compiti che ti eri assegnata e quindi tutto è lasciato all’istinto del momento.
Oggi ad esempio le previsioni del tempo non mi hanno lasciato scelta. Avevo in mente di trapiantare le ultime piantine nell’orto ma piove e devo rimandare.
Negli scorsi giorni ho raccolto delle bellissime mele cotogne.

Le ho lasciate un po’ a riposo nella stalla e adesso che hanno perso la peluria e sono lucide e profumate, mi chiamano.
Devo occuparmi di loro.
E quindi farò la cotognata e la mostarda bolognese per le pinze che condividerò con gli amici.
Il melo cotogno (Cydonia oblonga – fam. Rosacee) è un albero antichissimo, coltivato da millenni.
I suoi frutti – giallo oro – erano sacri alla dea greca Afrodite ed erano considerati simbolo d’amore e di fecondità.
Nei nostri territori è sempre più raro e dimenticato e ci ho tenuto a procurarmene almeno una pianta perché amo i frutti antichi e ritengo che sia un dovere preservarli e prendersene cura. Appena possibile ne cercherò altri, magari di tipo diverso, quelli con i frutti più allungati, detti peri cotogni.
E’ il secondo anno che produce un bel po’ di frutti e se l’anno scorso ho fatto solo la cotognata, quest’anno sto ricercando altri usi, visto il raccolto soddisfacente.
So che i pomi, essendo molto profumati, venivano conservati anche negli armadi per profumare la biancheria: gli utilizzi sono tanti, ad esempio sto provando una fermentazione per vedere se si può ricavarne un aceto, come faccio con altri tipi di mele.

Forse proverò un liquore tramite macerazione…
Per adesso ecco la ricetta della cotognata fornitami da un’amica e già sperimentata.
COTOGNATA
1 kg di mele (al netto di torsolo e buccia)
800 gr di zucchero
1 limone (oppure 1 arancia)
Cannella (facoltativa)
Lavare le mele con la buccia, sistemarle in una pentola con acqua e farle bollire fino a che non si ammorbidiscono.

Sbucciarle e passarle al passaverdura o ridurle in purea con frullatore ad immersione.

(io in realtà quest’anno ho provato diversamente: le ho sbucciate e tagliate prima poi portate ad ebollizione e infine schiacciate con lo schiacciapatate ed il minipimer; ho letto sul web che è meglio non farlo e sbucciarle solo dopo l’ebollizione, certo è che così si pasticcia meno e si fa più rapidamente anche se non è facilissimo sbucciarle. C’è parecchio residuo, ma io con quello sto facendo l’aceto, non butto mai via niente!)
Ottenuta la purea di mele aggiungere lo zucchero ed il succo del limone e se si gradisce un po’ di cannella (io l’ho messa: mele e cannella sono un meraviglioso abbinamento); si può aggiungere anche un po’ di acqua di cottura, nella quale io avevo messo, mentre le bollivo, anche un po’ di scorza di limone e una stecca di cannella, non vi dico che profumo!

A questo punto si continua la cottura mescolando, prima a fuoco moderato, poi a fuoco più basso quando le mele diventano rosate e si staccano dalla pentola tipo polenta.
Quando sono ben addensate ed asciugate versare il tutto in una teglia rivestita di carta da forno (per un’altezza di un paio di cm) lasciare riposare/ essiccare per qualche giorno.
Devono asciugarsi ben bene (magari ci si può anche aiutare con un essiccatore o con il forno a temperatura minima) dopo di che si taglia il composto a quadrotti che si possono rotolare nello zucchero semolato o tenere così come sono.

L’anno scorso le ho conservate in frigo in un barattolo di vetro separando i quadrotti con pezzetti di carta da forno: mi sono durati mesi (in effetti me li sarei mangiati molto prima ma mi sono imposta di trattenermi)
Alcuni le conservano in scatole di latta, magari avvolti da pellicola o carta oleata: io quando conservo la frutta (fichi secchi, uva passa o anche pomodori secchi) con questo sistema fodero sempre il contenitore con carta da forno e aggiungo foglie di alloro che aiutano la conservazione e preservano da tarme alimentari e altri insetti.
MOSTARDA BOLOGNESE
La mostarda bolognese è una particolare confettura ottenuta con vari frutti che si usa solitamente per farcire la pinza (dolce tradizionale da credenza, tipico della zona, a base di pasta frolla croccante – tra i miei preferiti!!! ) o i tortelli al forno.
Non essendo riuscita ad ottenere una ricetta da amici bolognesi, per intenderci di quelle delle nonne, ho spulciato e chiesto in giro per farmi un’idea di come si potesse fare e ho fatto il mio primo tentativo anche perché, quando ho piantato il cotogno, avevo in mente soprattutto questo utilizzo dei suoi frutti.
Devo dire che, modestia a parte, mi è venuta buonissima!
1k di mele cotogne
200 gr di pere (sarebbe preferibile usare pere cotogne o comunque pere di pasta dura)
500 gr di prugne secche
1 arancia
1 limone piccolo o mezzo limone
600 gr di zucchero
La preparazione è lunga ma non difficile.
Bisogna cominciare la sera prima unendo in una pentola capiente e spessa tutta la frutta tagliata a pezzi con lo zucchero.

Dell’arancia e del limone ho messo la buccia (ovviamente senza la parte bianca amara) a pezzetti, il succo ed anche polpa.

Si mescola bene tutto e lo si lascia per tutta la notte a riposare.

La mattina dopo ho aggiunto mezzo litro di acqua ed iniziato una lenta cottura che è durata circa tre ore, mescolando di tanto in tanto.


Poco prima del completo addensamento ho usato il frullatore ad immersione per ridurre i pezzi di frutta. Mi è piaciuto lasciare il composto un po’ granuloso e con dei pezzetti interi perché me li pregusto dentro alla pasta frolla nei dolci che farò.

Raggiunta la densità voluta si procede come per le normali confetture e marmellate: vasetti sterilizzati riempiti con il composto ancora caldo, tappati e capovolti per creare il sottovuoto.
Conservazione al fresco: io li ho messi in cantina pronti per essere usati.

